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domenica 27 novembre 2011

L'impressionismo di Paul Cezanne (da Repubblica)



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Paul Cezanne è la punta di un cono che copre, come un grande mantello, tutto ciò che avverrà dopo di lui: l'immagine del cono non è scelta a caso, poichè egli stesso, parlando dell'infinito spettacolo della natura, disse che poteva essere modellato secondo tre forme elementari: la sfera, il cono e il cilindo. Al collegio Bourbon divenne amico di Emile Zola, un incontro decisivo, per poi intraprendere studi di diritto.
Paul Cezanne (1839-1906) è il pittore francese più singolare ed enigmatico di tutta la pittura francese post-impressionista. Nato ad Aix-en-Provence, nel meridione della Francia, proviene da una famiglia benestante (il padre era proprietario della banca locale). Egli quindi ebbe modo di condurre una vita agiata, a differenza degli altri pittori impressionisti, e di svolgere una ricerca solitaria e del tutto indifferente ai problemi della critica e del mercato. Egli, infatti, nella sua vita, al pari di Van Gogh, vendette una sola tela, solo qualche anno prima di morire.
Pur vivendo quasi sempre a Aix-en-Provence, trascorse diversi periodi a Parigi dove ebbe modo di venire a contatto con i pittori impressionisti della prima ora quali Pissarro, Degas, Renoir, Monet e gli altri. Egli, come gli altri impressionisti, si vedeva rifiutato le sue opere dalla giuria del Salon. E così anche egli partecipò alla prima mostra che gli impressionisti tennero nello studio del pittore Nadar nel 1874. A questa mostra egli espose la sua famosissima opera «La casa dell’impiccato a Auvers».
La sua aderenza al movimento fu però sempre distaccata. La sua pittura seguiva già agli inizi un diverso cammino che la differenziava nettamente da quella di un Monet o di un Renoir. Mentre questi ultimi erano interessati solo ai fenomeni percettivi della luce e del colore, Cezanne cerca di sintetizzare nella sua pittura anche i fenomeni della interpretazione razionale che portano a riconoscere le forme e lo spazio. Ma, per far ciò, egli non ricorse mai agli strumenti tradizionali del disegno, del chiaroscuro e della prospettiva, ma solo al colore. La sua grande ambizione era di risolvere tutto solo con il colore, arrivando lì dove nessun pittore era mai arrivato: sintetizzare nel colore la visione ottica e la coscienza delle cose. Egli disse infatti che «nella pittura ci sono due cose: l’occhio e il cervello, ed entrambe devono aiutarsi tra loro».
Da questa sua ricerca parte proprio la più grande rivoluzione del ventesimo secolo: la pittura cubista di Picasso. Con il cubismo si perde completamente il primo termine della sintesi di Cezanne (visione-coscienza), per ricercare solo quella rappresentazione che ha la coscienza delle cose. Perdendosi il primo termine il cubismo romperà definitivamente con il naturalismo e la rappresentazione mimetica della realtà per introdurre sempre più l’arte nei territori dell’astrazione e del non figurativo.
In Cezanne tutto ciò è però ancora assente. Egli non perde mai di vista la realtà e il suo aspetto visivo. Come per i pittori impressionisti, egli è del tutto indifferente ai soggetti. Li utilizza solo per condurre i suoi esperimenti sul colore. Ed i suoi soggetti sono in realtà riducibili a poche tipologie: i paesaggi, le nature morte, i ritratti a figura intera.
FONTE: http://www.francescomorante.it/pag_3/305c.htm


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